sabato 31 ottobre 2015

Un uomo, molti amori, mille vite

Capitolo primo
Paragrafo quarto


Tramonto su Campolongo - Salerno

Quello schema nel sogno invece, con poche linee, rappresentava degnamente come si sarebbe svolto quel momento e le modalità in cui Alex sarebbe intervenuto. Secondo il professore, così come spiegava anche il tracciato alla lavagna, bastava che Alex rivolgesse la sua attenzione ad alcune parole magiche e a dei gesti precisi. Sarebbero stati questi i segnali indicanti ad Alex come e quando intervenire, ed anche se temesse che quell'incarico fosse troppo impegnativo, suo malgrado dovette accettare. Non se la sentì di rifiutare poiché il professore gli stava veramente servendo un'occasione d'oro su un piatto d'argento, e così Alex ne convenne che avrebbe recitato la “parte” dell'assistente. Decise di mandare a mente lo schema del professore memorizzandolo in ogni suo passo; si rese così conto che il lavoro da svolgere risultava più semplice a farsi che a pensare di farlo. In realtà trovarsi di fronte ad una platea così vasta come sarebbe stata quella che tra poche ore avrebbe riempito l'aula magna era motivo di inquietudine. Aveva bisogno di una soluzione per allentare lo stress che la timidezza gli procurava in quella situazione, in cui la parte di assistente del grande e geniale professore, rappresentava, invece un buon trampolino di lancio per la sua carriera. La soluzione fu di convincersi che tutto sommato, non avrebbe avuto modo di guardare il pubblico negli occhi, poiché gli occhi, i suoi per l'appunto, sarebbero stati abbagliati dai riflettori puntati verso la sua persona e quella del professore. Difficilmente quindi avrebbe visto chi lo guardava. A questa idea il suo animo si rassicurò non poco.

Il professore per infondergli maggior coraggio, ed in questo non mostrava affatto quel suo lato spiritoso con cui affrontava problematiche anche importanti, gli suggerì di farsi un giro di perlustrazione della sala congressi. Gli consigliò di prendere conoscenza della posizione della sua poltrona e del tragitto che avrebbe percorso per raggiungere il palco. Questa visita alla sala gli avrebbe permesso di acquistare sicurezza e padronanza in tutto ciò che sarebbe avvenuto dopo. Ed Alex così fece. Si addentrò nella sala e prendendo coscienza di quello spazio si immaginò come si sarebbe svolta il suo recarsi al palco e cosa avrebbe detto il professore e come egli lo avrebbe assistito durante la conferenza. Tutto questo immaginare durò forse qualche secondo. La mente è sempre molto rapida a costruire false realtà, anche se in questo caso si trattava di crearne una che di li a qualche ora si sarebbe verificata concretamente.


Alex, come già detto, cercava di evitare la proposta del professore con la scusa di parcheggiare la macchina del suo amico, che nella vita reale esercitava la professione di architetto e con cui non intratteneva più nessuna relazione avendone interrotto da tempo l'amicizia. Alex rivolse il suo sguardo a Raphael, apparso sulla scena del sogno, constatando con amarezza che nonostante fossero passati tanti anni sembrava non fosse invecchiato. A ben pensarci era vecchio già da giovane. Sul viso circondato dalla solita barba alla leonida permaneva la consueta espressione senza emozione, come di chi, a parte dalle proprie idee, non è interessato ad altro. Con l'architetto, invece, erano stati colleghi di lavoro ed il datore un giorno si trovò a fare una scelta. L'azienda attraversava un periodo difficile, le commesse erano in calo, i debiti in aumento, e si doveva ricorrere ad una riduzione dei costi. Uno dei due sarebbe stato licenziato, e la decisione, almeno per quel reparto, riguardava Alex e il suo ex amico architetto. La scelta cadde sull'ultimo arrivato, su Alex, nonostante le sue competenze superassero quelle del collega; queste di Alex andavano dalla contabilità all'informatica, dal marketing alla consulenza aziendale. In verità all'azienda non interessava e né serviva un architetto; riguardo alle competenze del collega, il disegno, il calcolo, chiaramente Alex non poteva concorrere, e comunque l'amico era praticamente sprecato in quella dimensione aziendale. In realtà tutte le sue complesse specificità architettoniche si riducevano a qualche disegnino su autocad e a concordare con il capo produzione, che ne sapeva molto più di lui, su come affrontare gli aspetti tecnici legati alla produzione. 

Per questo ad Alex gli fu consegnata la lettera di licenziamento e l'azienda si tenne l'incapace quanto inutile architetto confermando con tale azione la mediocrità di tutti quegli imprenditori, e non sono pochi, che preferiscono mettere alla gogna competenze e professionalità pur di tenersi in azienda l'amico dell'amico o l'amico della persona influente di turno. Questa classe di imprenditori, dopo essersi assicurata l'incompetenza del dipendente amico passa poi a lamentarsi del mercato che “non tira”, dei clienti che “non pagano” e delle inefficienti politiche dello stato e delle banche per finire alla spietata e sleale concorrenza dei cinesi. Ad altri colleghi sarebbe toccato a breve, considerando la maestria con cui si esercitava la gestione dell'azienda, inevitabilmente, la stessa sorte; l'azienda stagnava in una recessione economica e la possibilità di conservare un posto era sempre più labile. Tale situazione avrebbe riguardato, nel breve futuro, molte figure lavorative di quell'azienda.

giovedì 29 ottobre 2015

Un uomo, molti amori, mille vite

Capitolo primo
Paragrafo terzo


Colline nei pressi di Capaccio - Salerno

Il caffè saliva facendo borbottare la caffettiera. Alex ruminando il suo sogno era passato dal bagno alla cucina e si apprestava a rifornirsi di caffeina così che ogni offuscamento mentale residuo del risposo notturno sarebbe scivolato via. Una tazza di caffè bollente gli avrebbe schiarito completamente le idee. Bevve un sorso e si diresse nello studio all'ingresso dove, al ritorno da lavoro, era solito lasciare la ventiquattro ore. Ne trasse l'agenda e continuando a sorseggiare il caffè, ritornò in cucina. Si sedette per dare uno sguardo agli impegni di quella giornata e considerò che avrebbe potuto farcela. L'agenda era sì piena ma non abbastanza da farlo rientrare stressato, era sua abitudine prefissarsi ritmi adeguati a quelli che lui definiva “personali” indicando così, come era solito dire ai corsisti che partecipavano ai suoi corsi di formazione, che ogni persona ha un suo ritmo, ha una sua specificità nell'impiegare le risorse per raggiungere gli obiettivi. Gli piaceva molto, durante i corsi, proporre la frase “attraversare il tempo” e pensandoci adesso, mentre passava lo sguardo sugli appuntamenti della giornata, qualcosa nella sua mente, a questa frase, “attraversare il tempo”, gli fece pensare alla relatività, e poi con una banale quanto inevitabile associazione ad Einstein, per arrivare al professore. E di ritorno al sogno.

Qualche scena più in là, dopo un po', nel sogno compare il famoso professore a proporre ad Alex, quasi in contrapposizione all'esagerata umiltà che mostrava nel ritirarsi dagli eventi importanti, come il partecipare anche solo da spettatore all'imminente congresso, di essere suo assistente sul palcoscenico. Quando il professore sarebbe salito sul palco per illuminare la platea su aspetti complicati della fisica, compresi quelli riguardanti la branca della fisica quantistica, delle interazioni tra la dimensione pensata della mente e la dimensione dei fatti reali, avrebbe sicuramente fatto ricorso al suo amato humour per spiegare la scienza e la fisica con divertenti metafore. Mentre l'ilarità avrebbe scosso i presenti, Alex sarebbe stato lì, a far da assistente al suo professore. Qualcuno, per non dire molti, non avrebbe compreso le sue teorie, né tanto meno il suo intelligente humour, e questo faceva parte di quei fatti che, si sa, inevitabilmente accadano. 

Gli esseri umani perseguivano da tempo, quel processo di atrofizzazione dei centri cerebrali volti alla capacità sia di comprendere la differenza tra buono e inutile e sia di sviluppare comportamenti adeguati alla sopravvivenza della specie, per cui ogni tentativo di cambiamento, anche lieve di questa struttura psichica, richiede uno consumo enorme di energia in termini di attenzione, di stimolazione, di verifiche e di risultati a dente di segna; si abbisognava di una innata capacità di sopportazione e di pazienza per restare in quell'ambiente accademico dove si veniva matematicamente a dimostrare la teoria del soprannumero di ignoranti e di presuntuosi che circolano sulla superficie terrestre rispetto agli umili e ai capaci. Ciò non toglie che sia il professore che Alex e di tutti coloro di cui si è trattato fin qui, avrebbero potuto far parte delle prime due classi di individui, e questo non per offrire al lettore del momento un simulacro di scuse, tanto per confutare che l'ego, quando è isolato dalla consapevolezza, parola che ci riporta alla coscienza di sé e di rimando alla conoscenza di se stessi, da qualsiasi pulpito faccia sentire la sua voce, è notoriamente portatore sia di illusioni che di falsità. Più di illusioni, in verità.

Alex sarebbe stato così ricompensato dalla buona sorte. Il professore gli aveva suggerito anche il posto, contrassegnato dal codice 24h, che sarebbe stata la poltrona a lui riservata e da cui si sarebbe gustato quell'importante avvenimento accademico dove molte personalità importanti, del mondo della scienza, avrebbero illustrato le loro ultime teorie. Alex avrebbe avuto una poltrona prenotata e da lì poi si sarebbe alzato per accompagnare il professore al palco, genio tra i geni di quella serata, con lo stupore di molte sue conoscenze, che sarebbero rimaste, a causa della forte invidia da sempre nutrita verso il mite Alex, chi senza fiato e a chi invece il fiato non sarebbe mancato sarebbe rimasto a bocca aperta, con la tipica espressione del pesce a cui un ictus gli ha appena devastato quella zona cerebrale deputata all'articolazione della parola.


Alex con l'umiltà che gli era familiare e che esternava anche nel sogno, dove addirittura sembrava che si accentuasse maggiormente, espose i suoi dubbi sulle capacità di poter assistere degnamente il suo mentore in mezzo e davanti a quella enorme platea. “Niente paura” lo rassicurò il professore e per meglio spiegare come si sarebbe svolto la sua opera di assistenza disegnò uno schema alla lavagna, proprio come era solito fare ai tempi della scuola, con quello stile tipico del professore che usa il gesso come un prolungamento delle sue capacità comunicative. Il professore era capace di rivolgere le spalle alla scolaresca per periodi che sfioravano la mezz'ora piena, mentre era intento a scrivere formule dopo formule, da cui traeva paradossi e diseguaglianze, attraversando il territorio dei logaritmi, dribblando tra integrali ed equazioni a enne variabili, e scriveva, scriveva, scriveva fino a quando non c'era più spazio alla lavagna. Era quello il momento in cui rivoltandosi alla scolaresca fissava i suoi alunni come se fosse in trance e discendesse, proprio in quell'istante, da un'astronave proveniente dal pianeta Pitagora. Quanto ai ragazzi, invece, avevano la faccia di chi avesse appena assistito al big bang. In quei momenti sembrava che tutta la scolaresca attraversasse un tunnel spazio temporale, come se le formule alla lavagna stessero materializzando quell'universo matematico così da trasportare come in un vortice studenti, professore, banchi, lavagna, libri, quaderni, sedie, penne e tutto ciò che in quell'aula fosse dotata di una dimensione atomica in un angosciante qui ed ora. Solo un attimo e poi la totalità degli elementi costituenti il sistema aula, come un unico organismo, sarebbe ritornato dal quel viaggio nel tempo di una manciata di microsecondi, tirando un sospiro di sollievo. Quando il gessetto con cui spaziava alla lavagna si riduceva ad un microscopico monchetto, allora egli mostrando quel che rimaneva si rivolgeva alla classe attendendo pazientemente che qualcuno si occupasse di farne rifornimento. Velocemente un volontario si sarebbe alzato dal suo banco, sotto gli occhi intimidatori e minacciosi dei suoi compagni, sarebbe corso dal primo bidello disponibile per ritornare, velocemente in classe, troppo velocemente secondo i compagni, a rifornire il professore genio, che, nel frattempo, aveva acceso e aspirato avidamente mezza MS con le sue dita oramai segnate dal nero nicotico. 

mercoledì 28 ottobre 2015

Un uomo, molti amori, mille vite

Capitolo primo
Paragrafo secondo


Come il professore, anche questa figura, apparteneva all'epoca della scuola superiore. Si trattava di Raphael, il collega più antipatico con il quale Alex avesse mai potuto condividere un banco di scuola e la sua figura, nel sogno, era la stessa di tanti anni fa. Come ai tempi del college, degli occhialini da intellettuale a tutto tondo gli stringevano sul naso e mostrava la stessa identica faccia da ebete con cui si presentava a conferire nelle materie di fisica e di geometria quando veniva chiamato per le interrogazioni di rito dal professore e lui, in quei frangenti, mostrava tutta la sua ignoranza e la sua incapacità nel formulare un ragionamento critico e logico così come quelle materie esigevano e che in fin dei conti erano i suoi lati deboli, abituato com'era a ragionare sui massimi sistemi. E sì, perché lui, Raphael il compagno, era così che lo chiamavano, non aveva altri argomenti per la testa che il comunismo e la lotta di classe. Con il senno di poi Alex avrebbe potuto ben affermare, senza colpo ferire, che quella di Raphael era una vera è propria ossessione e qualcosa gli diceva, chissà perché, che se l'avesse incontrato, se si fossero per puro caso rivisti, avrebbe avuto modo di considerare come quella ossessione fosse ancora fossilizzata nella mente del povero Raphael, e come questa fissazione l'avesse lasciato a digiuno sulle trasformazioni che il concetto di lotta di classe, l'idea di essere di destra o di sinistra e non solo il modo di fare politica, quanto il significato semantico stesso della parola politica avessero subito profondi cambiamenti negli ultimi quaranta anni. Certo anche Alex, se avesse votato, all'epoca non aveva ancora raggiunto l'età dettata dalla legge affinché potesse esprimersi con il voto, avrebbe dato la preferenza all'ormai scomparso PCI, seguendo e rispettando in questo modo la tradizione proletaria che veniva dal lato paterno della famiglia, bisnonno compreso. 

Il nonno paterno, invece, rappresentò una pausa generazionale sia per l'interesse verso la politica e la lotta di classe e sia verso l'istituzione della famiglia. La sua principale attività consisteva nel buttarsi alle spalle i sensi di colpa, caso mai ne avesse avuti, per aver abbandonato moglie e figli in tenera età e del suo rincorrere donne da portare a letto. Quindi, Raphael ed Alex, condividevano la medesima ideologia politica, ciò che invece li allontanava era il diverso approccio che i due compagni riservavano alla questione della lotta di classe. Raphael ne faceva quasi una questione di stato, anzi per lui era una questione di stato, la Russia era la Grande Madre Russa (a lettera maiuscola così come l'avrebbe scritto lui), Lenin era il grande Lenin, e seguendo personalissimi quanto discutibili costrutti mentali sulla relazione tra progresso sociale, il comunismo e la felicità degli individui, senza dimenticare, chiaramente, di sostare nei pressi di Marx, giungeva alla lontana Cina per elogiare un altro grande storico rosso personaggio: Mao Tze Tung. “Qui”, in Cina, di fronte al grande Mao, il borioso Raphael, affermava “si ferma l'orologio”. La sua abitudine di disegnare simboli di falce e martello su qualsiasi materiale in grado di farsi scalfire era oltremodo invasiva, addirittura virale. I banchi e le sedie della scuola che ebbero la sfortuna di offrirgli un appoggio erano rimasti indelebilmente offesi dal suo desiderio di diffondere i simboli della lotta di classe. Alex invece, essendo figlio di operaio semplice consumato dalla catena di montaggio della FIAT, aveva un atteggiamento più proletario, ne sapeva qualcosa di più del padre, ma giusto un po', la differenza, forse, stava, nel fatto che esprimeva in lingua italiana più che nel dialetto del sud, gli stessi concetti paterni, riguardo alla lotta tra sindacati e padrone. 

Comunque Raphael si è sempre difeso, rispetto alle meritate insufficienze che portava a casa in fisica, geometria e a volte anche in matematica, mettendo avanti che gli interessavano, soprattutto, le materie letterarie, per quelle tecniche ci sarebbe stato tempo opportuno per imparare. Questa efferata modalità di apprendimento era appoggiata anche dalla prof di italiano. Alex la teneva in grande stima, alla pari del professore e quindi, tale comportamento, non comprendendone la natura, gli suscitava forte meraviglia, non capiva come si potesse sostenere l'astensione, o quanto meno, la sussidiarietà delle materie tecniche rispetto a quelle letterarie in un istituto dove l'obiettivo era il conseguimento di una maturità nella scienza della tecnologia dell'informazione e, a maggior ragione, non capiva come proprio la professoressa di italiano potesse esserne complice, lei che teneva così tanto al futuro e alla preparazione di ogni suo studente. Infatti, si rivolgeva alla classe con questo mantra: “Desidero fermamente che quando uscirete di qui e vi presenterete ad un colloquio nessuno, dico nessuno, dovrà discriminarvi per il fatto che proveniate da un istituto tecnico, anzi il linguaggio che userete per presentarvi nelle prove sia orali che scritte, sarà il segnale primo della vostra ottima cultura generale”. Senza nulla togliere all'importanza della letteratura, della storia e della logica, l'apprendimento delle materie tecniche era sicuramente il capitolo primo di ogni bravo studente, almeno di quella scuola.

martedì 27 ottobre 2015

Un uomo, molti amori, mille vite

Capitolo primo
Paragrafo primo


Che significa “... una relazione seria”? Con questa domanda Alex formulò il primo pensiero di quel lunedì che a vedere dalla luce che filtrava dalla finestra si preannunciava sereno e giustamente caldo. Erano gli ultimi giorni di agosto e probabilmente sarebbero stati anche quelli che avrebbero definitivamente conclamata la fine di un'estate manifestatasi piovosa, fredda e inutile. Quel pensiero si collegava a uno dei tanti che l'avevano accompagnato, la sera prima, nel suo scivolare piano piano nel mondo dei sogni e come percorrendone un lungo filo, sembrava che il sonno non avesse interrotto il ruminare della mente sul concetto di “relazione seria”. Poco prima di abbandonare, ma solo per quella giornata, il social network con cui intratteneva le sue relazioni virtuali, un messaggio pubblicato da un utente, l'aveva infastidito, sentiva una leggera stizza verso quelle quattro parole. Un fastidio che giunse a manifestarsi addirittura nel corpo, proprio sotto lo sterno, fino a fargli sentire un senso di vomito. Il rifiuto verso quel concetto era talmente forte che emergeva fino a raggiungere la dimensione della fisicità. Il messaggio era stato pubblicato, da una donna, sulla bacheca di un gruppo dall'eloquente nome di “AAA Amore cercasi” dove l'oggetto del desiderio dei membri era più che inequivocabile. Il messaggio diceva “Cerco una relazione seria”. Quattro parole.

“Ma io voglio scherzare, ridere, giocare, divertirmi, che me ne faccio di una relazione seria?” pensò Alex facendo svolazzare con un rapido gesto le lenzuola e mettendosi a sedere sulla sponda destra del letto. Sentì il freddo del pavimento sotto la pianta dei piedi e passandosi distrattamente la mano dietro la nuca, come a riordinarsi le idee e prepararsi alla giornata, diede uno sguardo alla finestra cercando di immaginare come sarebbe stato il tempo e controllò l'orario sulla radiosveglia. “Come mai non aveva suonato?” certo, intuì Alex, “sono sicuro che non sono ancora le sette”. Guardò meglio la radiosveglia, mancava ancora un minuto alle sette, l'ora a cui l'aveva impostata la sera prima, e Alex aveva anticipato la radiosveglia, tanto per cambiare.

Si avviò in bagno e aprì i rubinetti così che l'acqua scrosciasse forte. Cercava di avviarsi ad un ritmo fisico e mentale che fosse in linea alla giornata che lo attendeva, la sua agenda marcava una giornata fitta di impegni. Il rumore dell'acqua gli sarebbe servito a riprendere vigore e avrebbe contribuito al suo risveglio ancor prima di affondare il viso nel palmo delle mani ricolme di fresca acqua. Appoggiò le mani al lavandino e porgendo il viso allo specchio iniziò a farsi piccole smorfie. Arricciò il naso, tirò fuori la lingua e poi alzò il mento un po' a destra, di nuovo allo stesso modo verso sinistra. Sembrava tutto a posto, nessuna ruga nuova in vista. Ci si poteva svegliare del tutto e avviarsi di giusto umore verso una buona giornata. Era pur sempre lunedì.

Aveva ancora nella mente il sogno di quella notte, probabilmente era l'ultimo, quello che più di altri galleggia ancora sulla superficie dell'inconscio prima di perdersi definitivamente nelle estreme pieghe dell'oblio e che riusciamo a trattenere solo con un volontario intento teso a fotografarlo nella memoria. I temi di quel sogno si collegavano, seguendo una bizzarra quanto alchemica scia, a quel concetto di “relazione seria”. A dire il vero, la sua mente ancora rimuginava lentamente ma incessantemente su quel sogno, come le pale di un mulino a vento, che per quanto possano girare lente, ad ogni avvicinarsi al suolo producono quel movimento d'aria udibile anche da grande distanza: PLUFF, PLUFF, pluff. Oramai quella situazione aveva era divenuta una farsa: “... relazione seria cercasi ...”.
Il tema centrale di quel sogno era il suo professore di fisica, ma non uno a caso, proprio quello del college, quello stranissimo e inconfondibile personaggio che si aggirava nei corridoi e tra le classi della scuola dove Alex aveva conseguito la maturità. Proprio lui, in persona, quella notte, gli si presentò in sogno. Nella realtà, come nella dimensione onirica, ma qui in maniera molto più accentuata, il professore si distingueva per il suo humour un po' all'inglese, distaccato, frutto però di un'intelligenza a dir poco proverbiale. Era solito prendersi gioco delle regole e delle formalità che regnavano nell'ambiente accademico. Specie nella maggior parte delle situazioni egli se ne scherniva con un suo tipico fare saceto che indispettiva i colleghi. Insomma là dove ci si aspettava che il professore si comportasse da adulto saggio ed educato egli, invece, in ottemperanza ad una morale tutta sua che abbatteva qualsiasi norma che si dovesse rispettare per il semplice fatto che fosse una norma, metteva in campo le sue scherzose battute, dimostrando quanto si potesse, invece, fare di più per gli studenti, per la scuola, facendo a meno di rispettare inutili quanto antiquate condotte scolastiche dettate da “ineccepibili”, così amava definirli il professore, codici interni. In effetti le sue battute e il suo modo di relazionarsi in ciò che venivano banalmente definite “cose serie” dimostravano la volontà di mettere a nudo verità importanti e di voler destrutturare quei schemi votati al fallimento di cui era piena la cosiddetta “politically correct” scolastica.


Nel sogno il professore l'aveva invitato a salire con lui sul palco del congresso dove egli avrebbe tenuto una importante conferenza, proprio nell'aula magna dell'università. Stranamente Alex aveva appena rinunciato a partecipare a quel congresso, e adesso, invece, ne riceveva l'invito da una personalità influente, importante, qual'era quella del professore. Sarebbe stato sufficiente prenotare il biglietto, la poltrona, e invece aveva deciso di starsene lontano. Addirittura si era proposto, come a volersene sottrarre, di andare a parcheggiare l'auto di un amico, che aveva delle difficoltà familiari per recarsi al congresso. Alex nonostante rinunciasse alla partecipazione di un evento importante si prestava ad aiutare un amico a parteciparvi, che poi tanto amico, nella vita reale non lo era mai stato. Comunque nel sogno, appena gli eventi iniziano ad accavallarsi, Alex dimenticò di rendere il servigio del parcheggio al suo amico. Qualcosa lo distrasse. Una gabbia con dei pappagallini apparve davanti a suoi piedi, avrebbero dovuto essere due, soltanto due pappagalli, come nella gabbia sul terrazzo di casa sua, invece ce ne erano quattro e in più, apparivano più grandi, come cresciuti. Mentre si discuteva come trovare una soluzione al parcheggio della macchina dell'amico, le parole si accavallarono allo stupore di veder raddoppiato in numero degli uccellini e ci fu un attimo di confusione, in quell'istante appare sulla scena un'altra persona.