Capitolo primo
Paragrafo primo
Che
significa “... una relazione seria”? Con questa domanda Alex
formulò il primo pensiero di quel lunedì che a vedere dalla luce
che filtrava dalla finestra si preannunciava sereno e giustamente
caldo. Erano gli ultimi giorni di agosto e probabilmente sarebbero
stati anche quelli che avrebbero definitivamente conclamata la fine
di un'estate manifestatasi piovosa, fredda e inutile. Quel pensiero
si collegava a uno dei tanti che l'avevano accompagnato, la sera
prima, nel suo scivolare piano piano nel mondo dei sogni e come
percorrendone un lungo filo, sembrava che il sonno non avesse
interrotto il ruminare della mente sul concetto di “relazione
seria”. Poco prima di abbandonare, ma solo per quella giornata, il
social network con cui intratteneva le sue relazioni virtuali, un
messaggio pubblicato da un utente, l'aveva infastidito, sentiva una
leggera stizza verso quelle quattro parole. Un fastidio che giunse a
manifestarsi addirittura nel corpo, proprio sotto lo sterno, fino a
fargli sentire un senso di vomito. Il rifiuto verso quel concetto era
talmente forte che emergeva fino a raggiungere la dimensione della
fisicità. Il messaggio era stato pubblicato, da una donna, sulla
bacheca di un gruppo dall'eloquente nome di “AAA Amore cercasi”
dove l'oggetto del desiderio dei membri era più che inequivocabile.
Il messaggio diceva “Cerco una relazione seria”. Quattro parole.
“Ma
io voglio scherzare, ridere, giocare, divertirmi, che me ne faccio di
una relazione seria?” pensò Alex facendo svolazzare con un rapido
gesto le lenzuola e mettendosi a sedere sulla sponda destra del
letto. Sentì il freddo del pavimento sotto la pianta dei piedi e
passandosi distrattamente la mano dietro la nuca, come a riordinarsi
le idee e prepararsi alla giornata, diede uno sguardo alla finestra
cercando di immaginare come sarebbe stato il tempo e controllò
l'orario sulla radiosveglia. “Come mai non aveva suonato?” certo,
intuì Alex, “sono sicuro che non sono ancora le sette”. Guardò
meglio la radiosveglia, mancava ancora un minuto alle sette, l'ora a
cui l'aveva impostata la sera prima, e Alex aveva anticipato la
radiosveglia, tanto per cambiare.
Si
avviò in bagno e aprì i rubinetti così che l'acqua scrosciasse
forte. Cercava di avviarsi ad un ritmo fisico e mentale che fosse in
linea alla giornata che lo attendeva, la sua agenda marcava una
giornata fitta di impegni. Il rumore dell'acqua gli sarebbe servito a
riprendere vigore e avrebbe contribuito al suo risveglio ancor prima
di affondare il viso nel palmo delle mani ricolme di fresca acqua.
Appoggiò le mani al lavandino e porgendo il viso allo specchio
iniziò a farsi piccole smorfie. Arricciò il naso, tirò fuori la
lingua e poi alzò il mento un po' a destra, di nuovo allo stesso
modo verso sinistra. Sembrava tutto a posto, nessuna ruga nuova in
vista. Ci si poteva svegliare del tutto e avviarsi di giusto umore
verso una buona giornata. Era pur sempre lunedì.
Aveva
ancora nella mente il sogno di quella notte, probabilmente era
l'ultimo, quello che più di altri galleggia ancora sulla superficie
dell'inconscio prima di perdersi definitivamente nelle estreme pieghe
dell'oblio e che riusciamo a trattenere solo con un volontario
intento teso a fotografarlo nella memoria. I temi di quel sogno si
collegavano, seguendo una bizzarra quanto alchemica scia, a quel
concetto di “relazione seria”. A dire il vero, la sua mente
ancora rimuginava lentamente ma incessantemente su quel sogno, come
le pale di un mulino a vento, che per quanto possano girare lente, ad
ogni avvicinarsi al suolo producono quel movimento d'aria udibile
anche da grande distanza: PLUFF, PLUFF, pluff. Oramai quella
situazione aveva era divenuta una farsa: “... relazione seria
cercasi ...”.
Il
tema centrale di quel sogno era il suo professore di fisica, ma non
uno a caso, proprio quello del college, quello stranissimo e
inconfondibile personaggio che si aggirava nei corridoi e tra le
classi della scuola dove Alex aveva conseguito la maturità. Proprio
lui, in persona, quella notte, gli si presentò in sogno. Nella
realtà, come nella dimensione onirica, ma qui in maniera molto più
accentuata, il professore si distingueva per il suo humour un po'
all'inglese, distaccato, frutto però di un'intelligenza a dir poco
proverbiale. Era solito prendersi gioco delle regole e delle
formalità che regnavano nell'ambiente accademico. Specie nella
maggior parte delle situazioni egli se ne scherniva con un suo tipico
fare saceto che indispettiva i colleghi. Insomma là dove ci si
aspettava che il professore si comportasse da adulto saggio ed
educato egli, invece, in ottemperanza ad una morale tutta sua che
abbatteva qualsiasi norma che si dovesse rispettare per il semplice
fatto che fosse una norma, metteva in campo le sue scherzose battute,
dimostrando quanto si potesse, invece, fare di più per gli studenti,
per la scuola, facendo a meno di rispettare inutili quanto antiquate
condotte scolastiche dettate da “ineccepibili”, così amava
definirli il professore, codici interni. In effetti le sue battute e
il suo modo di relazionarsi in ciò che venivano banalmente definite
“cose serie” dimostravano la volontà di mettere a nudo verità
importanti e di voler destrutturare quei schemi votati al fallimento
di cui era piena la cosiddetta “politically correct” scolastica.
Nel
sogno il professore l'aveva invitato a salire con lui sul palco del
congresso dove egli avrebbe tenuto una importante conferenza, proprio
nell'aula magna dell'università. Stranamente Alex aveva appena
rinunciato a partecipare a quel congresso, e adesso, invece, ne
riceveva l'invito da una personalità influente, importante, qual'era
quella del professore. Sarebbe stato sufficiente prenotare il
biglietto, la poltrona, e invece aveva deciso di starsene lontano.
Addirittura si era proposto, come a volersene sottrarre, di andare a
parcheggiare l'auto di un amico, che aveva delle difficoltà
familiari per recarsi al congresso. Alex nonostante rinunciasse alla
partecipazione di un evento importante si prestava ad aiutare un
amico a parteciparvi, che poi tanto amico, nella vita reale non lo
era mai stato. Comunque nel sogno, appena gli eventi iniziano ad
accavallarsi, Alex dimenticò di rendere il servigio del parcheggio
al suo amico. Qualcosa lo distrasse. Una gabbia con dei pappagallini
apparve davanti a suoi piedi, avrebbero dovuto essere due, soltanto
due pappagalli, come nella gabbia sul terrazzo di casa sua, invece ce
ne erano quattro e in più, apparivano più grandi, come cresciuti.
Mentre si discuteva come trovare una soluzione al parcheggio della
macchina dell'amico, le parole si accavallarono allo stupore di veder
raddoppiato in numero degli uccellini e ci fu un attimo di
confusione, in quell'istante appare sulla scena un'altra persona.
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