mercoledì 28 ottobre 2015

Un uomo, molti amori, mille vite

Capitolo primo
Paragrafo secondo


Come il professore, anche questa figura, apparteneva all'epoca della scuola superiore. Si trattava di Raphael, il collega più antipatico con il quale Alex avesse mai potuto condividere un banco di scuola e la sua figura, nel sogno, era la stessa di tanti anni fa. Come ai tempi del college, degli occhialini da intellettuale a tutto tondo gli stringevano sul naso e mostrava la stessa identica faccia da ebete con cui si presentava a conferire nelle materie di fisica e di geometria quando veniva chiamato per le interrogazioni di rito dal professore e lui, in quei frangenti, mostrava tutta la sua ignoranza e la sua incapacità nel formulare un ragionamento critico e logico così come quelle materie esigevano e che in fin dei conti erano i suoi lati deboli, abituato com'era a ragionare sui massimi sistemi. E sì, perché lui, Raphael il compagno, era così che lo chiamavano, non aveva altri argomenti per la testa che il comunismo e la lotta di classe. Con il senno di poi Alex avrebbe potuto ben affermare, senza colpo ferire, che quella di Raphael era una vera è propria ossessione e qualcosa gli diceva, chissà perché, che se l'avesse incontrato, se si fossero per puro caso rivisti, avrebbe avuto modo di considerare come quella ossessione fosse ancora fossilizzata nella mente del povero Raphael, e come questa fissazione l'avesse lasciato a digiuno sulle trasformazioni che il concetto di lotta di classe, l'idea di essere di destra o di sinistra e non solo il modo di fare politica, quanto il significato semantico stesso della parola politica avessero subito profondi cambiamenti negli ultimi quaranta anni. Certo anche Alex, se avesse votato, all'epoca non aveva ancora raggiunto l'età dettata dalla legge affinché potesse esprimersi con il voto, avrebbe dato la preferenza all'ormai scomparso PCI, seguendo e rispettando in questo modo la tradizione proletaria che veniva dal lato paterno della famiglia, bisnonno compreso. 

Il nonno paterno, invece, rappresentò una pausa generazionale sia per l'interesse verso la politica e la lotta di classe e sia verso l'istituzione della famiglia. La sua principale attività consisteva nel buttarsi alle spalle i sensi di colpa, caso mai ne avesse avuti, per aver abbandonato moglie e figli in tenera età e del suo rincorrere donne da portare a letto. Quindi, Raphael ed Alex, condividevano la medesima ideologia politica, ciò che invece li allontanava era il diverso approccio che i due compagni riservavano alla questione della lotta di classe. Raphael ne faceva quasi una questione di stato, anzi per lui era una questione di stato, la Russia era la Grande Madre Russa (a lettera maiuscola così come l'avrebbe scritto lui), Lenin era il grande Lenin, e seguendo personalissimi quanto discutibili costrutti mentali sulla relazione tra progresso sociale, il comunismo e la felicità degli individui, senza dimenticare, chiaramente, di sostare nei pressi di Marx, giungeva alla lontana Cina per elogiare un altro grande storico rosso personaggio: Mao Tze Tung. “Qui”, in Cina, di fronte al grande Mao, il borioso Raphael, affermava “si ferma l'orologio”. La sua abitudine di disegnare simboli di falce e martello su qualsiasi materiale in grado di farsi scalfire era oltremodo invasiva, addirittura virale. I banchi e le sedie della scuola che ebbero la sfortuna di offrirgli un appoggio erano rimasti indelebilmente offesi dal suo desiderio di diffondere i simboli della lotta di classe. Alex invece, essendo figlio di operaio semplice consumato dalla catena di montaggio della FIAT, aveva un atteggiamento più proletario, ne sapeva qualcosa di più del padre, ma giusto un po', la differenza, forse, stava, nel fatto che esprimeva in lingua italiana più che nel dialetto del sud, gli stessi concetti paterni, riguardo alla lotta tra sindacati e padrone. 

Comunque Raphael si è sempre difeso, rispetto alle meritate insufficienze che portava a casa in fisica, geometria e a volte anche in matematica, mettendo avanti che gli interessavano, soprattutto, le materie letterarie, per quelle tecniche ci sarebbe stato tempo opportuno per imparare. Questa efferata modalità di apprendimento era appoggiata anche dalla prof di italiano. Alex la teneva in grande stima, alla pari del professore e quindi, tale comportamento, non comprendendone la natura, gli suscitava forte meraviglia, non capiva come si potesse sostenere l'astensione, o quanto meno, la sussidiarietà delle materie tecniche rispetto a quelle letterarie in un istituto dove l'obiettivo era il conseguimento di una maturità nella scienza della tecnologia dell'informazione e, a maggior ragione, non capiva come proprio la professoressa di italiano potesse esserne complice, lei che teneva così tanto al futuro e alla preparazione di ogni suo studente. Infatti, si rivolgeva alla classe con questo mantra: “Desidero fermamente che quando uscirete di qui e vi presenterete ad un colloquio nessuno, dico nessuno, dovrà discriminarvi per il fatto che proveniate da un istituto tecnico, anzi il linguaggio che userete per presentarvi nelle prove sia orali che scritte, sarà il segnale primo della vostra ottima cultura generale”. Senza nulla togliere all'importanza della letteratura, della storia e della logica, l'apprendimento delle materie tecniche era sicuramente il capitolo primo di ogni bravo studente, almeno di quella scuola.

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