mercoledì 11 novembre 2015

Un uomo, molti amori, mille vite

Capitolo secondo 
Paragrafo primo



Giunto davanti al semaforo rosso il cellulare trillò l'arrivo di un sms. “Strano” pensò Alex lanciando un'occhiata all'orologio di bordo e considerando che a quell'ora del mattino non era solito ricevere messaggi, nessuno dei suoi collaboratori si sarebbe permesso se non fossero state almeno le 9 e 30. Era quella l'ora in cui, almeno ufficialmente, iniziava la giornata lavorativa. Approfittò del perdurare del rosso del semaforo per soddisfare velocemente la curiosità di sapere chi fosse il mittente. “Buongiorno e grazie” le aveva scritto Julia, buongiorno e grazie ripeté mentalmente Alex. Da Vienna gli giungeva quel buongiorno inaspettato e sicuramente piacevole. “Strano” ripensò Alex. Non era mai successo prima. Il messaggio appariva come l'eco di quella conversazione telefonica della sera precedente, si erano scambiati impressioni importanti sulla loro amicizia, che si poteva dire appena nata. Qualcosa doveva essersi mosso. Giusto un attimo prima che il semaforo desse il verde riuscì a rispondere al messaggio. Non volle inventarsi nulla di nuovo e di originale e al contempo intendeva trasmettere, anzi ri-trasmettere quella sensazione di piacere provata per mezzo di quella breve frase. A rischio di sembrare banale optò per quella che al momento riteneva la cosa più autentica che sentiva di dire, sia per ringraziare e sia per contraccambiare. Buongiorno e grazie, riscrisse e lo inviò. Il semaforo, come sincronizzato a quell'invio, scattò al verde. L'automobile ripartì silenziosa nel traffico di quella via Salaria che al momento sembrava ancora addormentata. Al parcheggio di Settebagni avrebbe lasciato l'auto per entrare nella city con i mezzi pubblici. Da sei mesi aveva aperto quell'ufficio in Viale XXI Aprile, a due passi dalla fermata del metrò.

Uno stridio di ferodo avanzava dalla buia galleria fino a quando trasformandosi in decibel sempre meno sopportabili fu coperto dallo sbattere delle porte che si aprirono davanti ai suoi piedi. Entrò nella carrozza semivuota e, come era sua abitudine, prese posto in piedi nonostante a quell'ora del mattino i posti a sedere abbondassero. Il marciapiede iniziò a scorrere sempre più velocemente fino a quando le buie pareti della galleria non gli rimandarono il riflesso del suo viso dal vetro spesso e infrangibile del finestrino della carrozza.
Si erano conosciuti qualche mese prima ad un incontro di crescita spirituale, nonostante gli interessi lavorativi di Alex riguardassero la formazione, il coaching, partecipare a quegli incontri di tutt'altra natura gli era necessario per nutrire una parte di sé che vibrava a frequenze diverse, per lui, in realtà, erano più che altro una pausa. Rappresentavano un ottimo sistema per abbandonare il tran tran della quotidianità della vita, lì si poteva fermare il flusso impetuoso della vita, focalizzarsi su se stessi per ritornare inevitabilmente rigenerati, soprattutto nello spirito, così da riversare nuove e più fresche energie nella vita di tutti i giorni. E soprattutto agli allievi dei suoi corsi di formazione.

Julia lavorava a Vienna e la sua attività differiva leggermente da quella di Alex, certo anche lei era impegnata nel settore della formazione, ma gli argomenti dei suoi corsi si rivolgevano al mondo delle emozioni, a quell'aspetto della natura umana che oggi è così tanto trascurata. Si erano trovati a frequentare lo stesso ritiro in un villaggio ai piedi del Monte Rosa, avevano fatto amicizia e poi il telefono, l'email e gli sms avevano contribuito a sostenere una relazione gentile e cordiale. E come avrebbe potuto essere diversamente data l'attenzione a cui i due erano spontaneamente portati? Nella realtà, per come stavano le cose, al momento la si poteva considerare una relazione virtuale, anzi un'amicizia virtuale, sulla quale Alex, da qualche giorno a questa parte, iniziava a farsi delle domande.
Per lui, infatti, era come una grande incognita, se avesse dovuto rappresentarla alla lavagna, l'avrebbe disegnata come una grande X. Da quelle poche sedute avute con Dalila, la sua terapeuta, era uscito fuori che era proprio la relazione oggettuale con la donna che gli muoveva un senso di angoscia. Da quando era entrato in contatto con questa parte di sé aveva letteralmente preso coscienza che bastava l'idea di avvicinarsi ad una donna a farlo stare male. Si faceva mille domande. Aveva paura di amare o si trattava soltanto di una grande timidezza?


“Da quello che mi dici, Alex, riguardo a come ti senti quando una donna ti piace e dal tono della tua voce, mi viene da pensare che le donne ti mettono ansia, ti spaventano, come se tu avessi paura” le disse Dalila durante l'ultima seduta di due mesi prima. “Sì” disse Alex, e percorrendo con lo sguardo la libreria alle spalle di Dalila, quasi a voler evitare un incontro di sguardi aggiunse “Forse è così”. Sentiva che era vero, iniziava ad avvertire un senso di angoscia e forse anche un'antipatia verso le donne in generale, e sentirselo dire da un'altra donna, Dalila, lo infastidiva maggiormente. Contare i libri sugli scaffali, soffermarsi sulla qualità della rilegatura e carpirne i titoli scritti in verticale, da quella distanza, non era facile, restava comunque un buon sistema per sfuggire a quella sensazione di disagio che emergeva con imbarazzo, con insistenza. Prenderne atto non era facile, né semplice, né comodo. Mostrando un senso di stanchezza e di resa, Alex si massaggiò la nuca e convenendone la concretezza di quanto appena emerso, all'improvviso sentì un moto di ribellione. Si mosse sulla poltroncina come a ritrovare una posizione più stabile, a voler fissare in una nuova postura quella consapevolezza sulle donne e quasi con l'intenzione di sfidare il genere femminile tutto, fissò Dalila diritto negli occhi dicendo “Sì, sicuramente”. Dalila ricambiò il suo sguardo, quasi con indifferenza, sembrava impassibile, con i suoi occhi scuri sormontati da marcate sopracciglia latine e con quei capelli da un nero corvino che avvolgendole il viso lambivano appena appena le spalle lasciando scoperto il collo ritto e morbido. Nonostante l'aria indifferente di Dalila, si percepiva un'attesa, un'attenzione che Alex sentiva come uno scavare dentro, per questo lui, di riflesso, prese a scavarle i lineamenti, scoprendo nei suoi occhi quel fascino mediterraneo che non tutte le donne apprezzano e forse non sanno neanche di avere, soffermandosi sul profilo delle labbra carnose, che immaginava calde e morbide. Anche Dalila, la sua terapeuta, gli piaceva, e come non poteva essere altrimenti? Alex ne era semplicemente affascinato. Adesso nella penombra di quello studio qualcosa sembrava stonasse con la femminilità di Dalila. La sobrietà dell'arredamento i cui colori andavano dal noce scuro della libreria al mogano della grande scrivania gli ricordavano lo studio di un notaio più che di un terapeuta eppure non era la prima volta che si sedeva lì, su quella sedia, davanti a lei. Come mai lui che era sempre così attento, così curioso, non avesse fatto caso a quanto quello studio, quell'ambiente era così poco rappresentativo di Dalila? Adesso invece tutto gli appariva più chiaro, come se la scoperta di questo sentimento negativo che nutriva verso le donne gli avesse aperto non solo la mente ma anche gli occhi. Sullo studio non c'erano dubbi. Si avvertiva una forte influenza maschile e questo spiegava anche la placca giù sul portone di ingresso, Studio Associato e poi un'altra parola della quale Alex non ne ricordava il nome, dava adito di pensare che Dalila non fosse l'unico professionista a operare lì.


continua.....

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