Capitolo
secondo
Paragrafo
primo
Giunto
davanti al semaforo rosso il cellulare trillò l'arrivo di un sms.
“Strano” pensò Alex lanciando un'occhiata all'orologio di bordo
e considerando che a quell'ora del mattino non era solito ricevere
messaggi, nessuno dei suoi collaboratori si sarebbe permesso se non
fossero state almeno le 9 e 30. Era quella l'ora in cui, almeno
ufficialmente, iniziava la giornata lavorativa. Approfittò del
perdurare del rosso del semaforo per soddisfare velocemente la
curiosità di sapere chi fosse il mittente. “Buongiorno e grazie”
le aveva scritto Julia, buongiorno e grazie ripeté mentalmente Alex.
Da Vienna gli giungeva quel buongiorno inaspettato e sicuramente
piacevole. “Strano” ripensò Alex. Non era mai successo prima. Il
messaggio appariva come l'eco di quella conversazione telefonica
della sera precedente, si erano scambiati impressioni importanti
sulla loro amicizia, che si poteva dire appena nata. Qualcosa doveva
essersi mosso. Giusto un attimo prima che il semaforo desse il verde
riuscì a rispondere al messaggio. Non volle inventarsi nulla di
nuovo e di originale e al contempo intendeva trasmettere, anzi
ri-trasmettere quella sensazione di piacere provata per mezzo di
quella breve frase. A rischio di sembrare banale optò per quella che
al momento riteneva la cosa più autentica che sentiva di dire, sia
per ringraziare e sia per contraccambiare. Buongiorno e grazie,
riscrisse e lo inviò. Il semaforo, come sincronizzato a quell'invio,
scattò al verde. L'automobile ripartì silenziosa nel traffico di
quella via Salaria che al momento sembrava ancora addormentata. Al
parcheggio di Settebagni avrebbe lasciato l'auto per entrare nella
city con i mezzi pubblici. Da sei mesi aveva aperto quell'ufficio in
Viale XXI Aprile, a due passi dalla fermata del metrò.
Uno
stridio di ferodo avanzava dalla buia galleria fino a quando
trasformandosi in decibel sempre meno sopportabili fu coperto dallo
sbattere delle porte che si aprirono davanti ai suoi piedi. Entrò
nella carrozza semivuota e, come era sua abitudine, prese posto in
piedi nonostante a quell'ora del mattino i posti a sedere
abbondassero. Il marciapiede iniziò a scorrere sempre più
velocemente fino a quando le buie pareti della galleria non gli
rimandarono il riflesso del suo viso dal vetro spesso e infrangibile
del finestrino della carrozza.
Si
erano conosciuti qualche mese prima ad un incontro di crescita
spirituale, nonostante gli interessi lavorativi di Alex riguardassero
la formazione, il coaching, partecipare a quegli incontri di
tutt'altra natura gli era necessario per nutrire una parte di sé che
vibrava a frequenze diverse, per lui, in realtà, erano più che
altro una pausa. Rappresentavano un ottimo sistema per abbandonare il
tran tran della quotidianità della vita, lì si poteva fermare il
flusso impetuoso della vita, focalizzarsi su se stessi per ritornare
inevitabilmente rigenerati, soprattutto nello spirito, così da
riversare nuove e più fresche energie nella vita di tutti i giorni.
E soprattutto agli allievi dei suoi corsi di formazione.
Julia
lavorava a Vienna e la sua attività differiva leggermente da quella
di Alex, certo anche lei era impegnata nel settore della formazione,
ma gli argomenti dei suoi corsi si rivolgevano al mondo delle
emozioni, a quell'aspetto della natura umana che oggi è così tanto
trascurata. Si erano trovati a frequentare lo stesso ritiro in un
villaggio ai piedi del Monte Rosa, avevano fatto amicizia e poi il
telefono, l'email e gli sms avevano contribuito a sostenere una
relazione gentile e cordiale. E come avrebbe potuto essere
diversamente data l'attenzione a cui i due erano spontaneamente
portati? Nella realtà, per come stavano le cose, al momento la si
poteva considerare una relazione virtuale, anzi un'amicizia virtuale,
sulla quale Alex, da qualche giorno a questa parte, iniziava a farsi
delle domande.
Per
lui, infatti, era come una grande incognita, se avesse dovuto
rappresentarla alla lavagna, l'avrebbe disegnata come una grande X.
Da quelle poche sedute avute con Dalila, la sua terapeuta, era uscito
fuori che era proprio la relazione oggettuale con la donna che gli
muoveva un senso di angoscia. Da quando era entrato in contatto con
questa parte di sé aveva letteralmente preso coscienza che bastava
l'idea di avvicinarsi ad una donna a farlo stare male. Si faceva
mille domande. Aveva paura di amare o si trattava soltanto di una
grande timidezza?
“Da
quello che mi dici, Alex, riguardo a come ti senti quando una donna
ti piace e dal tono della tua voce, mi viene da pensare che le donne
ti mettono ansia, ti spaventano, come se tu avessi paura” le disse
Dalila durante l'ultima seduta di due mesi prima. “Sì” disse
Alex, e percorrendo con lo sguardo la libreria alle spalle di Dalila,
quasi a voler evitare un incontro di sguardi aggiunse “Forse è
così”. Sentiva che era vero, iniziava ad avvertire un senso di
angoscia e forse anche un'antipatia verso le donne in generale, e
sentirselo dire da un'altra donna, Dalila, lo infastidiva
maggiormente. Contare i libri sugli scaffali, soffermarsi sulla
qualità della rilegatura e carpirne i titoli scritti in verticale,
da quella distanza, non era facile, restava comunque un buon sistema
per sfuggire a quella sensazione di disagio che emergeva con
imbarazzo, con insistenza. Prenderne atto non era facile, né
semplice, né comodo. Mostrando un senso di stanchezza e di resa,
Alex si massaggiò la nuca e convenendone la concretezza di quanto
appena emerso, all'improvviso sentì un moto di ribellione. Si mosse
sulla poltroncina come a ritrovare una posizione più stabile, a
voler fissare in una nuova postura quella consapevolezza sulle donne
e quasi con l'intenzione di sfidare il genere femminile tutto, fissò
Dalila diritto negli occhi dicendo “Sì, sicuramente”. Dalila
ricambiò il suo sguardo, quasi con indifferenza, sembrava
impassibile, con i suoi occhi scuri sormontati da marcate
sopracciglia latine e con quei capelli da un nero corvino che
avvolgendole il viso lambivano appena appena le spalle lasciando
scoperto il collo ritto e morbido. Nonostante l'aria indifferente di
Dalila, si percepiva un'attesa, un'attenzione che Alex sentiva come
uno scavare dentro, per questo lui, di riflesso, prese a scavarle i
lineamenti, scoprendo nei suoi occhi quel fascino mediterraneo che
non tutte le donne apprezzano e forse non sanno neanche di avere,
soffermandosi sul profilo delle labbra carnose, che immaginava calde
e morbide. Anche Dalila, la sua terapeuta, gli piaceva, e come non
poteva essere altrimenti? Alex ne era semplicemente affascinato.
Adesso nella penombra di quello studio qualcosa sembrava stonasse con
la femminilità di Dalila. La sobrietà dell'arredamento i cui colori
andavano dal noce scuro della libreria al mogano della grande
scrivania gli ricordavano lo studio di un notaio più che di un
terapeuta eppure non era la prima volta che si sedeva lì, su quella
sedia, davanti a lei. Come mai lui che era sempre così attento, così
curioso, non avesse fatto caso a quanto quello studio, quell'ambiente
era così poco rappresentativo di Dalila? Adesso invece tutto gli
appariva più chiaro, come se la scoperta di questo sentimento
negativo che nutriva verso le donne gli avesse aperto non solo la
mente ma anche gli occhi. Sullo studio non c'erano dubbi. Si
avvertiva una forte influenza maschile e questo spiegava anche la
placca giù sul portone di ingresso, Studio Associato e poi un'altra
parola della quale Alex non ne ricordava il nome, dava adito di
pensare che Dalila non fosse l'unico professionista a operare lì.
continua.....
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