I
principi della filosofia umanistica.
Mi
sembra doveroso, a questo punto, considerato il titolo della tesi e
il contesto didattico in cui si dibatte, descrivere le dinamiche che
legano il counseling, il Sé e la diarioterapia.
Il
counseling è un “tentativo”, molto ben riuscito, a dire il vero,
uno dei più potenti, di portare benessere nella vita delle persone.
Tutte le scienze, o pseudo tali, riguardanti la natura dell'essere, e
che si dedicano ad una sfera dell'essere umano, come la medicina, la
psicologia, l'alimentazione, lo sport, sono rivolte alla produzione
di “benessere”. Il counseling stesso è inserito in un contesto
di salutogenesi. Ogni disciplina ha sviluppato delle peculiarità e
prodotto benefici importanti nella nostra esistenza; la stessa
religione, in un certo qual modo, cerca di portare beneficio alla
nostra dimensione spirituale, anche se, a mio avviso, i confini tra
religione e spiritualità si vanno via via assottigliando. La
spiritualità sta invadendo piano piano aspetti sempre più
importanti della vita delle persone, e la religione, con le sue
regole, con i suoi dogmi, sembra stia perdendo terreno. Il sistema
della liturgia e il complesso delle assemblee gerarchiche producono
sempre meno benefici nella sfera spirituale (e psicologica) degli
individui, cedendo così il passo a sistemi di pensiero più vicini
ai bisogni delle persone e per questo sicuramente più funzionali.
In
ambito psicologico, gli effetti derivanti dallo sviluppo della
psicanalisi, nata con Freud alla fine del XIX secolo, ha portato
sempre più persone a cercare di “capire” le fonti del loro
malessere, spingendole ad avventurarsi nei meandri delle loro menti
per carpirne le cause. Fin dall'inizio la psicoanalisi era rivolta
esclusivamente ai malesseri del mondo psichico; le attenzioni di
Freud, infatti, erano dedite a “risolvere” quelle che all'epoca
la medicina considerava malattie della mente (del cervello,
dell'encefalo) e nei cui riguardi (la medicina) nutriva un forte
senso d'impotenza. Freud si laureò in medicina nel 1881 e già i
suoi interessi per la teoria darwiniana, uniti al lavoro da
ricercatore presso il laboratorio di zoologia di Carl Claus,
denotavano uno spirito affamato di sapere, di conoscenza, che unito
ad una nota ambizione di fama immediata, lo portavano a spingersi
sempre un po' più in la rispetto ai suoi colleghi. Se così non
fosse stato non staremmo oggi a parlare di lui, a torto e a ragione,
(come sempre si fa quando si discute di menti eccelsi) come del padre
fondatore della psicanalisi moderna. L'incipt per avvicinarsi alla
mente e ai misteri che conteneva molto probabilmente lo ricevette
durante il lavoro svolto all'Ospedale Generale di Vienna mentre si
occupava di pazienti affetti da problemi neurologici. Sicuramente la
sua amicizia con Breuer, eminente fisiologo che gli aveva a lungo
fornito aiuto psicologico (oltre a sostenerlo economicamente nei
momenti di difficoltà) è da ritenersi fondamentale, nella
definizione di quel cammino che lo porterà poi ad essere il Freud
psicologo conosciuto anche dall'uomo della strada. Breur, all'epoca,
aveva in cura una paziente, la famosa Anna O., che fu curata con il
metodo dell'ipnosi e che Freud apprende e inizia a utilizzare
sistematicamente nella sua professione, portandolo a pubblicare, nel
1895, Studi sul'isteria. L'aver
concettualizzato le libere associazioni
in una vera e propria tecnica di autoanalisi, gli permise di
avvicinarsi al tesoro nascosto dei pazienti nevrotici (temine
sconosciuto all'epoca). Essi con i loro problemi, le loro difficoltà
a vivere una vita “normale”, con la loro insoddisfazione verso se
stessi e verso la vita, gli offrirono la visione che molti aspetti
psichici dei suoi pazienti, erano originati da una sessualità
repressa. La strada della psicanalisi moderna era ormai segnata. Con
la definizione del complesso di Edipo
la fama di Freud varcò i confini del sistema psichiatrico e a
tutt'oggi il modello del conflitto narrato da Sofocle, ripreso da
Freud per spiegare molti dei conflitti di cui soffrono i bambini,
gira indisturbato tra le varie scuole e correnti di psicanalisi
sparse per il pianeta.
Da
Freud al Counseling il cammino della psicanalisi è stato lungo e
articolato. La maggior parte delle menti che hanno contribuito alla
crescita del pensiero della salutogenesi, di cui il Counseling
rappresenta in campo sociale, quasi certamente, l'espressione più
alta al momento, erano dediti a sviluppare più di una disciplina. Le
loro conoscenze, spesso, hanno spaziato dalla medicina alla
filosofia, attingendo anche (e soprattutto) a culture diverse, da
quelle tipicamente orientali orientate al concetto di anima e di una
concezione spirituale dell'esistenza (il Buddhismo, i Veda e altre) a
quelle nettamente occidentali e materialistiche del vecchio e del
nuovo continente. La particolarità che fa del Counseling uno dei
mezzi più moderni per avvicinare le persone al concetto di
salutogenesi (normalmente definito benessere) non nasce, però,
insieme alla psicoanalisi di Freud. Il concetto del termine paziente
(generalmente usato in ambito medico, psicoanalisi compreso) è stato
pienamente, definitivamente e in una visione a 360° nel sistema di
conoscenza che sostiene il counseling, sostituito dal termine
cliente. Il concetto
della differenziazione e dell'adozione di tale termine e del
corrispondente significato (chiaramente) sono da attribuirsi al
diverso modello di approccio alla malattia, al disagio, e alla
sofferenza in genere. Tale modello fonda le sue radici in una cultura
rivolta ai bisogni degli individui, una cultura basata sulla logica
che la scienza (la conoscenza) “deve” essere “necessariamente”
utile alla felicità delle persone ed essere essa stessa (la scienza)
generatrice di condizioni sociali, ambientali e psicologiche,
efficaci al benessere degli individui. Questa corrente di pensiero
sarà la base di quella che prenderà, nel XX secolo, il nome di
psicologia umanistica-esistenziale.
Tra
la fine del XVII e l'inizio del XVIII il susseguirsi di eventi e di
scoperte importanti in moltissime branchie del sapere quali la
fisica, la religione, l'economia, la geografia, la politica e tante
altre ancora, porta a definire quel periodo storico con il termine
Illuminismo. Alla fine
del XVII secolo Newton (1642-1727) stabilì la formula matematica
della forza di gravità, confermando e continuando il lavoro di
Galileo, nella costruzione del modello cosiddetto empiristico
o sperimentale. Lavoisier
(1743-1794), chimico, filosofo, naturalista, finanziere, formula la
legge della conservazione delle masse mettendo ordine nella visione
della natura, estraniandosi da concetti cabalistici ed esoterici che
dominavano, a quel momento, il panorama della scienza. Il pensiero di
Leibniz (1614-1716), filosofo e matematico, ma anche esperto di
politica, filologia, storia, con una laurea in diritto, rivoluziona
completamente lo “scopo” della filosofia con il suo “Nuovi
Saggi sull'intelletto umano”, scritto che influenzerà fortemente
pensatori del calibro di Wolff e Kant.
Con
Leibniz ha inizio la corrente filosofica dell'umanesimo: la filosofia
umanistica. Egli pone in evidenza l'attività e l'iniziativa della
persona e mette in risalto le specificità e l'originalità di ogni
individuo. Questa filosofia, pari pari, come la espresse il tedesco
Leibniz, sono oggi, dopo 3 secoli, la struttura portante del
counseling e lo strumento di trasformazione più potente da offrire a
coloro che sono alla ricerca di un sistema, un mezzo, per migliorare
la propria vita. Come ben si evince, il counseling non si rivolge
alla cura di malattie psichiche o altre forme di disagi mentali, che
restano sempre e comunque di competenza della psicologia, della
psicoterapia, della psichiatria e altre discipline affini, ma si
rivolge a chi, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali,
decide responsabilmente di migliorare il proprio livello di
benessere.
Mi
sorge spontaneo, a questo punto, tirare in ballo Franz Brentano
(1838-1917), filosofo tedesco che tra i primi si interessò di
psicologia. Egli incominciò a spostare la sua attenzione dai
contenuti della mente, spina nel fianco dei pensatori dell'epoca,
agli atti e ai processi mentali. Sicuramente molto influenzato dal
pensiero aristotelico, al quale sono dedicati molti dei suoi scritti
(Sui molti significati dell'esistente in Aristotele – 1862 / La
psicologia di Aristotele – 1867 / Il creazionismo di Aristotele –
1882 / Aristotele e la sua visione del mondo – 1911 / La dottrina
di Aristotele sull'origine dello spirito umano - 1911) arrivò a
determinare una forma di psicologia empiristica che lo portò a
formulare il pensiero che si rivelò poi il fulcro delle sue
scoperte: l'intenzionalità.
Brentano affermava che alla base di ogni fenomeno psichico c'è l'i.,
e suddivide in tre classi tali fenomeni: rappresentazione, giudizio e
sentimento. La sua teoria dell'i.
è molto importante poiché troverà grande sviluppo nella filosofia
della mente e nella scienza cognitiva del novecento, fino ad arrivare
all'inizio degli anni sessanta, quando si cominciò a parlare di
intelligenza artificiale.
Anche se distanti quasi due
secoli, Leibniz e Brentano, esiste tra loro un filo conduttore, il
primo valorizza l'essere umano, nei suoi bisogni e nella sua
originalità, e il secondo offre una teoria specifica dei processi
psichici considerandoli frutti di un'intentio, sottintendendo,
a questo punto, una forza di volontà alla base di ogni azione.
Brentano, con la sua teoria sull'intenzionalità, sembra dare un
motivo, uno spunto al pensiero di Leibniz, estrapolandolo dai vapori
di una semplice teoria (specificità e originalità) Brentano offre
all'uomo leibniziano anche una volontà.
Quando parliamo di counseling,
parliamo di benessere psicologico, sicuramente, ma non ci stiamo
occupando di una patologia della quale la persona possa essere
afflitta, e per la quale si necessitano delle “cure” appropriata
in contesti medici e clinici ben definiti, stiamo riferendoci a
persone che intendono migliorare “se stessi” in un qualsiasi
ambito esistenziale: l'amore, il lavoro, il denaro, la famiglia, la
salute. Ecco, questo è il counseling: un mezzo per migliorare se
stessi e le proprie prestazioni in un certo aspetto della propria
vita. Questo è anche uno dei motivi per cui chi si rivolge ad un
counselor è un potenziale cliente che richiede un servizio, una
consulenza specifica per un problema specifico e non un paziente da
curare.
Le
persone quindi decidono
di stare meglio. Anche Bergson (1859-1941), matematico, uomo di
lettere, filosofo, sosteneva la medesima teoria, e su tale teoria
formulò il seguente pensiero: esiste
uno spirito vitale che anima l'essere umano.
Il pensiero di Bergson fu influenzato dal positivismo evoluzionistico
di Spencer così come dallo spiritualismo di Boutroux. Il pragmatismo
americano subì forti influenze dagli studi di Bergson e forse questa
frase (appartenente a Bergson) dice molto rispetto all'idea che noi
europei abbiamo di questa nazione che vive al di là dell'atlantico:
Compito
dell'uomo è garantite il continuo crescere dello slancio vitale,
impedendo che si arresti di fronte alle resistenza della materia.
In primis la sua attenzione fu tutta rivolta allo studio della
coscienza (l'Essai
sur les données immédiates de la conscience – 1889)
ma questo non gli forniva soddisfazione riguardo alla comprensione
dei molteplici aspetti della realtà. Solo rivolgendosi all'universo,
all'infinito, all'incommensurabile, riuscì a percepire che
“qualcosa” anima la continua novità e la perenne conservazione
del Tutto. Questo “qualcosa” sarebbe poi riconducibile all'uomo,
come parte integrante di questo universo, dove si manifesta
(nell'uomo) come Spirito
Vitale.
E'
interessante notare che è possibile tracciare un parallelo tra
l'influenza del pensiero del filosofo Bergson sul pragmatismo
americano e la considerazione che la nascita “sociale” del
counseling avviene proprio negli states, all'inizio del '900.
L'occasione della coniugazione del termine counseling
avvenne pressapoco verso il 1920, anni in cui ci si si dovette
occupare del reinserimento dei soldati che rientravano dalla prima
Grande Guerra dal fronte europeo. A quell'epoca il primo apporto del
counseling fu quello di reinserire, facilitare, riorganizzare la
forza lavoro rappresentata da quei giovani e smarriti soldati, a cui
la falce della guerra aveva risparmiato le speranze (e la vita).
Possiamo dire che quei momenti furono caratterizzati da un impegno
della società civile, quella parte già dedita all'assistenza
sociale (infermieri, assistenti sociali, educatori, insegnanti,
medici) nella presa di coscienza che una società che si cura dei
propri figli se ne prende cura proprio nel momento del bisogno.
Questo momento sociale (USA 1920) in cui appare forte l'attenzione e
il fornire contesti di accoglienza a chi stava nel bisogno, mi
trasmette una grande fiducia nel counseling e sento che le risorse
(insite nel counseling) di trasformazione individuale sono
applicabili anche, e soprattutto, a contesti collettivi.
Il
pensiero corrente, secondo cui in un processo di counseling è
soprattutto la
relazione,
che produce effetti catartici - una relazione chiaramente inserita in
un setting chiaro (nel contratto) e pulita (non inquinata da fattori
che possono alterare una comunicazione efficace) - nasce
probabilmente dagli studi di Martin Buber (1878-1965). Una relazione
inserita in un contesto IO-TU (Cliente-Counselor in un setting di
counseling), così come ne parla il filosofo ebreo tedesco Buber
nella sua raccolta di aforismi L'io
e il tu,
permette di accedere (per il cliente) a livelli di auto-comprensione
che raramente (se non addirittura difficilmente) sono possibili in
altri contesti. Ma come è possibile tale alchimia? Che cosa rende il
counseling (in un contesto sano, efficace e scevro da fattori
patologici) così potente? Buber, il cui processo di evoluzione era
stato influenzato da Pascal, Nietzsche e Kierkegaard, diceva:
“Quando
incontro
un uomo offrendogli l’io della coppia io-tu, egli non sarà allora
una cosa tra le cose, non sarà circoscritto nello spazio e nel
tempo, non sarà possibile descriverlo. Egli è come una melodia, che
non è un insieme di suoni, come una statua, che non è un insieme di
linee: occorre andare oltre per arrivare al Tu, occorre strappare e
lacerare per passare dalla molteplicità all’unità. Quando
considero separatamente il colore dei suoi capelli, la bontà del suo
animo, nuovamente cado nel mondo dell’esso. Per entrare nel mondo
del tu occorre rovesciare il rapporto dello spazio e del tempo,
allora non sarà l’uomo nel tempo e nello spazio, ma lo spazio e il
tempo nell’uomo. Quando lo colloco diventa nuovamente esso. Stare
nella relazione vuol dire non esperire l’altro”.
Buber
promuovendo la relazione IO-TU, in un contesto dove la dialogica
esprime accoglienza e comprensione, materializza l'evoluzione della
comunicazione intesa come flusso tra soggetto-oggetto trasmigrandola
in una metacomunicazione soggetto-soggetto. Questo processo, la
metacomunicazione sui significati di ciò che si comunica, è
l'energia che alimenta la crescita del potenziale umano. Essere
counselor significa, a questo livello, sentire il tempo e lo spazio
che si muove nel cliente. Sentire lo spazio e il tempo nel cliente è
il processo empatico che permette il fluire dello spirito vitale di
cui parlava Bergson, dell'intenzionalità del cliente verso i suoi
processi psichici di Brentano e la specificità e l'originalità che
Leibniz attribuiva ad ogni essere vivente. D'altronde un impegno in
cui Buber profuse molte delle sue energie e in cui, sicuramente, era
coinvolto perché era di razza ebraica, perché aveva fede, perché
credeva nel dialogo, perché propose un sionismo come “educazione”,
fu quello di credere, di ragionare, di progettare e di lavorare per
un futuro condivisibile tra ebrei e palestinesi. Egli credeva
talmente nell'uomo e nelle potenzialità di superare conflitti che la
sua idea politica prevedeva la costituzione di una comunità ebraica
capace di scegliere come norma il “dialogo” per trasformare,
insieme agli arabi (palestinesi), la madrepatria in una repubblica
comune, per entrambi i popoli.
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