lunedì 18 maggio 2015

Teoria della diarioterapia: La scrittura creativa 4/4


La scrittura creativa.

Ci tengo a riservare un paragrafo a parte alla scrittura creativa.
Ritenendo la scrittura uno strumento nobile, forse il più nobile ed elevato che l'uomo abbia mai potuto scoprire, trovare, per esprimere se stesso, per comunicare ciò che sente, per manifestare ciò che vede, per approfondire il suo Sè più alto e il suo Sé più profondo, mi sento in dovere chiarire alcuni punti; uno di questi riguarda l'idea comune di cosa si pensa che sia la scrittura creativa.
I più credono che ad un corso di s.c. si vada per imparare delle tecniche specifiche che possano poi permettere di scrivere autonomamente e “creativamente” un racconto, un romanzo, una fiaba, un libro. Il termine creativo verrebbe quindi utilizzato per attivare un processo che ci permetta di “creare”. Niente di tutto questo. Ho fatto delle ricerche e alla fine ho trovato chi, meglio di me, ha espresso il vero concetto che sta alla base della scrittura creativa. Riporto integralmente questo scritto citandone chiaramente la fonte in calce:

La scrittura creativa è una pratica che spinge a utilizzare, come da nome, in primis la fantasia di una persona quando si mette a scrivere. Ma non fantasia così a caso, come potremmo fare tutti, è una fantasia che ha come fine ultimo far cadere i tabù di cui siamo dotati. La creatività si tende a darla per scontata, ma in realtà basterebbe fare una piccola sessione di brainstorming per capire quanto in realtà siamo tutti limitati da paletti che spesso, sì, ci vengono da fuori, ma in gran parte, ancora più spesso, da noi stessi. Il fatto di pensare a una cosa "assurda" (che ne so, un essere che non esiste in modo razionale, o delle leggi causa-effetto totalmente sbriciolate) ci inibisce a tal punto che siamo portati, in modo del tutto involontario e automatico eh, a auto-castrarci. Va da sè che anche quella che a noi sembra fantasia e creatività, altro non è che un minestrone di razionalità, in cui ancora governa il rapporto di causa-effetto. La scrittura creativa, come il brainstorming, permette, a chi ne ha voglia, appunto di spezzare questi legami per come siamo abituati a vederli di solito e di trasfigurarli in modo che diventino meta-realtà o semplicemente qualcosa di nuovo.
Per esempio è possibile che, chi tiene questi corsi, ti dia una foto di qualcosa o qualcuno e ti chieda di costruirci sopra una storia, di sana pianta. Oppure è possibile che ti vengano date 5-10 parole attorno a cui costruirci un qualsiasi tipo di storia, che però le contenga. Possono essere nomi, cose, esclamazioni, onomatopee. Starebbe a te dare loro un senso, anzi, un impiego nel mondo che tu vai a plasmare tramite la scrittura. Insomma, le situazioni sono tante. La regola base di qualsiasi cosa che abbia a che fare con la creatività è essenzialmente una: mai avere paura delle proprie idee, mai castrarle e castrarsi, mai avere limitazioni, mai dirsi 'no', 'non so', 'fa schifo'. Sembrano più di una, ma è una, perché sono tutte la stessa cosa.
Spezzare le catene del solito per sconfinare nell'insolito. E senza concentrarsi eh! A me dicevano 'più il bambino è distratto, più si diverte'. Fare i creativi è come tornare bambini.
Fonte

Possiamo quindi affermare che la S.C. è: un metodo che fa uso delle scrittura per costruire, esternare, sviluppare, generare, processare, la propria unica personale specifica creatività. Non si tratta di imparare a scrivere qualcosa di importante che possa interessare l'altro o che possa e debba attirare l'attenzione, non si tratta di destreggiarsi a dilungarsi su ogni argomento, si tratta invece di esprimer-si. Questa idea della scrittura creativa va, tra l'altro, di pari passo con il processo di crescita che fluisce in un ciclo di sedute di counseling. Cosa sta facendo il counselor quando accompagna silenziosamente il cliente a cercare il focus, la domanda, il motivo che l'ha condotto nel suo studio? E come poi aiuta il cliente a trovare un nuovo livello di comprensione rispetto alle situazioni che la vita gli porta (al cliente)? E' indiscutibile il fatto che il processo che avviene tra counselor e cliente è un processo creativo, in cui non esiste un metodo esatto (non dimentichiamo che parliamo di terapia centrata sul cliente) e i clienti non sono e non possono essere esatti, essi sono degli individui, in primis. Il setting è esatto, il contesto è definito, le regole di aiuto sono chiare e a queste si piega diligentemente il metodo, qualunque esso sia, affinché il tutto dia come totale un sistema organizzato, strutturato ed efficace, ma il metodo è libero. Come la creatività del counselor.
Sarebbe da sciocchi non comprendere, infine, che la scrittura stessa, oltre a poter essere strumento di espressione creativo atto a creare altri creativi, come appena accennato, non sia creazione essa stessa:

Il Logos è fermento incline alla creazione (poesia), perché continuo ciclo vitale.
Ammiro il leggero declinare dello sguardo sul foglio che ansima e brucia di energia, fuoco che ravviva la flebile fiamma di una candela. Bachelard ha intuito la forza di questo fuoco che si mescola al flusso di energia che percorre una vita, si trasferisce nell'opera, mutando carattere, aspetto. Nella solitudine dell'Anima che cerca i propri simboli, la psyche riporta all'origine di uno spazio intimo, privato, l'immagine del mito che unisce in sé gli aspetti della trasformazione autopoietica. Essa è una sorta di ubris che comprende in sé la lotta degli opposti per riconoscere la propria unione. Dice Epicuro (Arist., Etic. Nicom.): "L'opposto concorde e dai discordi bellissima armonia." Da qui ha origine quel polemos che permette l'insinuarsi del concetto in quella sorta di intenso scambio che non redime, tuttavia, dal peccato di aver ricercato, così appassionatamente agognato la sacralità della parola che diviene testo. Il fuoco che a ciò sottende è la sentenza che dilania gli estremi di uno stesso discorso rendendoli essi stessi elementi. Perché esiste un aspetto magico della scrittura che si confonde ed è esso stesso specchio dell'individuo-che-crea.
Heiddeger.


Un psicologo, uno dei primi, forse, che dedicò attenzione psicoanalitica alla scrittura cercando simboli rilevanti fu Max Pulver (1889-1956). Svizzero di nascita fu amico di vari psicologi e scrittori del tempo, conobbe Freud, Jung e Crépiux. Uomo di grande cultura rilevò, approfondì, creando un suo metodo, da quello di Klages (1872-1956), filosofo tedesco, psicologo e fondatore della grafologia moderna. Pulver trae ispirazione dalle teorie psicoanalitiche sull'inconscio collettivo di Jung, anche lui rileva, come Jung, che il mondo in cui viviamo è ricco di valenze simboliche. L'inconscio si esprime attraverso i simboli e il foglio su cui si scrive rappresenta, il quel momento diadico, l'ambiente in cui ci si muove e si agisce. Un passo di Pulver rilevante è il seguente:

Il potere analogico della carta è un potere simbolico che apre la porta potere simbolico del tracciamento della scrittura. L'analogia della carta rispetto all'ambiente è la base del simbolismo della scrittura nei riguardi degli impulsi psiconevrosi di chi scrive”


Il riferimento alla carta, al foglio che sottintende, secondo Pulver, allo spazio entro cui si esprimono i nostri impulsi nervosi mi permette di distinguere e di fare un parallelo tra lo scrivere a mano e lo scrivere a computer. Essendo i due processi fisiologicamente diversi nelle modalità, nella tecnologia, credo sia inevitabile che, a questo punto, possano soddisfare, le due tecniche, gli stessi bisogni emotivi. Fu durante una lezione del Dott.Edoardo Giusti che appresi, per la prima volta, anzi ne ebbi la conferma, che scrivere con la penna non è la stessa cosa che scrivere con il computer. Il Dott.Giusti, durante la lezione, il cui tema verteva su alcuni aspetti importanti che, secondo lui, se messi in pratica, ci avrebbero sostenuti nella professione di Counselor, ci suggeriva, caldamente, di fermarci la sera, tutte le sere, a compilare due diari, neanche uno, ma addirittura due! Il primo ci sarebbe servito a raccogliere gli avvenimenti della nostra giornata, le nostre riflessioni su tali eventi, insomma il classico diario giornaliero. Il secondo, invece, avrebbe dovuto essere dedicato, specificatamente, agli eventi dell'attività professionale di counselor. Qui, in questo diario, avremmo potuto riportare i nostri successi e i nostri fallimenti con i clienti, le nostre difficoltà e i nostri stati emotivi, descrivere transfert e controstransfert, collusioni, VISSI, abbandoni, inciampi. Questo diario sarebbe stato il nostro supervisore quotidiano. Il Dott.Giusti, a fronte di questo invito, ci parlò anche di molte ricerche scientifiche che dimostrano chiaramente come reagisce il cervello e quali aeree vengono attivate durante la scrittura; queste ricerche, chiaramente, ci informano anche sulle dinamiche che le varie tecniche (a mano o con il computer) scatenano nei processi mentali dei due tipi di scrittori. Sembrerebbe che scrivere a mano offra una maggiore scarica emotiva (laddove se ne sente il bisogno) e che gli individui che la usano più frequentemente abbiano un Q.I. superiore. E poi vuoi mettere la soddisfazione che si può provare ad arrotolare, accartocciare, strappare un foglio di carta per esternare le nostre umane emozioni rispetto ad un semplice virtuale click per fare delete? Credo proprio che non ci sia paragone!

Prima di passare all'ultimo capitolo di questa tesi mi preme riportare una riflessione tra i social network e la funzione dello scrivere. I social network non esisterebbero senza la passione per lo scrivere che agita il digitare sulle tastiere di utenti sparsi per il pianeta. Non si tratta, lo scrivere sui social, certo di una scrittura organizzata, nei tempi e nei modi così come risulta essere il diario giornaliero. Ciò nonostante è un aspetto sociale da non trascurare. Sembrerebbe che il desiderio di comunicare, come sempre, sia alla base dell'esistenza di forum, social, blog. Questi ultimi rappresentano, per certi versi, la versione digitale più vicina al diario. Ricordando che la parola blog deriva dal log-book, il registro di navigazione e di appunti per la vita di viaggio, esso, per struttura e fruibilità potrebbe essere acclamato come D.I. digitale essendo dotato di un autore principale (il creatore del blog), la possibilità di essere ripartito in sezioni, e, aspetto fondamentale, la possibilità di selezionare la condivisione dei contenuti: Ogni scritto può essere pubblicato selezionando varie possibilità per farlo conoscere ai potenziali lettori: pubblico, privato, solo forniti di autorizzazione, esclusivo.

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